Le punizioni non servono (a ciò che pensiamo noi)

bambini che giocano disegno

E’ giunto il momento di capirlo: “Non è il bambino ad essere sbagliato, è la dinamica adulta o l’ambiente. O tutto insieme”

La ragione è di natura neurologica.

Sin da bambini, sviluppiamo strategie per far fronte alle nostre esigenze. Queste strategie ci offrono una certa mole di sentimenti di sicurezza, di soddisfazione o di connessione.

Le strategie che usiamo più di frequente, diventano le nostre abitudini, i nostri modelli di reazione.

Quando lo stress aumenta, quando la gente non fa quello che vogliamo… reagiamo.

Queste reazioni sono condizionate, sono risposte modellate nel e dal nostro comportamento e dalla nostra “neurologia”.

E quando i nostri figli non fanno ciò che noi vogliamo?

Innanzitutto, entra in gioco il nostro modello di reazione, il quale di solito agisce per “attaccare” in qualche modo il bambino.

Quando usiamo il senso di vergogna come un’arma, quando incolpiamo il bambino o assumiamo atteggiamenti simili, stiamo attaccando.

Quando puniamo il bambino in vari modi, lo stiamo attaccando.

Contemporaneamente stiamo usando il nostro potere su di lui/lei, per ottenere quello che vogliamo.

Facendo così, stiamo danneggiando la connessione tra noi e il nostro bambino.

Il bambino reagisce a questo pericolo dalle profondità del suo cervello – il cervello rettile – per far fronte alla minaccia.

Dobbiamo ricordare che l’apprendimento è una funzione del sistema limbico.

Cosa succede quindi?

Succede che noi vogliamo che il bambino “impari” a non fare qualcosa, ma, contemporaneamente, creiamo una dinamica in cui gli/le è impossibile imparare!

Tutto quello che può fare è proteggersi, di solito scappando o “congelandosi”.

La parte del cervello che organizza l’apprendimento non è attiva in quel momento, in quella situazione.

Il nostro bambino ci ama e l’amore è basato sulla fiducia: fiducia unita a sicurezza e connessione.

Quando usiamo reazioni di attacco per ottenere ciò che vogliamo, il bambino sperimenta una mancanza di sicurezza e una mancanza di connessione.

La corteccia prefrontale non è in gioco, sono attivi i sistemi rettili e limbici.

Così il bambino sente, sì, l’amore e sente, ma anche il potenziale di pericolo, dovuto alla mancanza sicurezza.

L’amore è stato condizionato/istigato dalla base sicura donata nel corso del tempo, al contempo c’è un ritrarsi di fronte al pericolo che noi rappresentiamo in quel frangente.

Ovviamente vogliamo che i nostri figli imparino, che crescano con le risorse e gli strumenti che riteniamo importanti.

Tuttavia ciò che imparano dalle sgridate e dalle punizioni sono unicamente le nostre tecniche di reazione.

Ci imitano.

Che tipo di esempio vogliamo essere?

Vogliamo creare un ambiente di amore incondizionato per i nostri bambini?

Spetta a noi superare i nostri modelli di reazione ed essere presenti e partecipi nella creazione di soluzioni rispettose.

 Articolo a cura di Marika Novaresio

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